AFLATOSSINE
Un caso classico sono le aflatossine, macromolecole emesse da spore particolarmente devastanti ed estremamente tossiche per l’uomo e l’ambiente. Queste tossine possono essere determinate (almeno in modo fisico) utilizzando un conveniente sistema di analisi granulometrica che può essere applicato direttamente nel silo. La misura della quantità di ossigeno e l’indagine granulometrica applicata in situ possono essere estremamente indicative per garantire stabilità all’ossidazione e alla contaminazione microbiologica dei prodotti conservati nel silo.
INCENDIO – ESPLOSIONI
L’inertizzazione viene utilizzata anche per evitare esplosioni o prevenire la formazione di incendi all’interno dei silos. Perché si formi un incendio o si sviluppi un’esplosione, sono necessari tre fattori: materiale combustibile, ossigeno e scintilla. Per materiale particolato combustibile si intende qualunque forma di particolato solido che presenti un pericolo di deflagrazione incendiaria se sospeso in aria o altri mezzi ossidanti lungo un vasto range di concentrazioni e indipendentemente da forma e dimensione. Pertanto, granaglie e polveri tipicamente immagazzinate nei silos sono una forma di particolato combustibile. Le condizioni che concorrono a sviluppare un incendio in un silo sono le seguenti: bassa umidità | presenza di particolato combustibile | presenza di una nuvola sospesa di tale particolato combustibile al di sopra della concentrazione minima di esplosione | confinamento di tale nuvola dentro un volume chiuso o parzialmente chiuso | concentrazione di ossigeno oltre un certo limite all’interno della nuvola | sorgente di ignizione ritardata di energia sufficiente oppure temperatura sufficientemente alta da causare l’autoignizione.
Di norma, il volume di confinamento della nuvola esplosiva viene direttamente dall’attrezzatura di immagazzinamento della polvere in questione: nel caso di granaglie immagazzinate in un silo si tratta del silo stesso. L’ignizione diretta dovuta alla temperatura può avvenire di norma solo a T > 500°C. Tale valore dipende dall’area della superficie calda, tuttavia tale processo non avviene a T < 400°C. E’ il caso tipico delle fornaci. Tuttavia, in determinate condizioni, alcune polveri come resine, carboni attivi, trucioli di legno secchi, perossidi organici, nonché materiali organici come semi di soia e bagasse sono potenzialmente autoriscaldanti. L’autoriscaldamento avviene solitamente tramite ossidazione a basso livello (nel caso di materiali inorganici), decomposizione esotermica (nel caso di materiali organici), nonché assorbimento di umidità.
Altri meccanismi di formazione di incendi a partire da polveri sono l’attrito (in particolare nel caso di strumenti per intagliare o modellare superfici, che generano scintille durante l’uso), attrezzatura elettrica (che deve essere opportunamente isolata dalla polvere), nonché scariche elettriche. Queste ultime richiedono il precedente accumulo di carica su un conduttore non a terra o su materiale particolato ad alta resistività, quali polvere di legno, zinco, naftalene, con diametri mediani dell’ordine di qualche decina di µm. Qualunque sia la causa, un elemento fondamentale per la formazione di un incendio è la presenza di ossigeno. Rimuovere l’ossigeno dal volume di interesse è pertanto un’ottima misura preventiva per evitare la formazione di incendi.